ecommerce 2021

Sicuramente il 2020 è stato l’anno dell’eCommerce. Si stima che 2 miliardi di persone nel mondo abbiano effettuato acquisti online, con vendite che hanno raggiunto i 4,2 trilioni di dollari e una frequenza che ha registrato un balzo del +79%, come sottolineato dall’Osservatorio eCommerce B2C

Nielsen ha rilanciato sostenendo che, durante la quarantena, il 44% dei consumatori in tutto il mondo ha fatto shopping online ogni settimana, nel 23% dei casi anche più volte in 7 giorni. 

E anche i dati italiani non deludono, raggiungendo i 30,6 miliardi di euro, con gli acquisti di prodotto (+31%) in testa. 

Ma qual è il futuro dell’eCommerce? Scoprilo nella nostra intervista a Roberto Fumarola.

eCommerce Italia: i dati del 2020 in base ai settori

Secondo l’Osservatorio eCommerce B2C di Netcomm e Politecnico di Milano, in Italia nel 2020 l’eCommerce è stato di “prodotto” e ha visto l’incremento annuo più alto di sempre (+5,5 miliardi di euro) con una quota di 23,4 miliardi di euro. 

In valore assoluto, i 3 comparti che hanno contribuito maggiormente alla crescita sono stati:

  • il Food&Grocery (+1,1 miliardi di euro) 
  • l’informatica e l’elettronica di consumo (+1 miliardo) 
  • l’abbigliamento (+700 milioni)

Molto importante per il consolidamento dell’eCommerce in Italia, ma anche nel resto del mondo, è stato l’utilizzo dello smartphone, usato per il 51% per fare acquisti online. L‘eCommerce B2c da smartphone ha così sfiorato i 15,7 miliardi di euro, con un incremento del +22% all’anno precedente.

In sintesi, possiamo dire che, benché spinti dall’emergenza in corso, abbiamo assistito, in tempi rapidi, all’aumento dell’indice della maturità dell’online, che nel giro di un anno è passato dal 6% all’8%. Un +2 punti percentuali che spiega, meglio di altre parole, come l’eCommerce abbia avuto un ruolo determinante per fronteggiare la crisi del settore Retail post-pandemia, e come abbia di fatto portato alla riprogettazione delle strategie di vendita e al ripensamento delle interazione con i consumatori

Customer Service Experience: i consumatori non perdonano le esperienze negative

Un effetto positivo, ma ci sono ancora molte cose da sistemare, soprattutto in tema di Customer Experience. Secondo il rapporto “State of Customer Service Experience 2020″ di The Northridge Group, nonostante la pandemia ancora in corso, i consumatori continuano a non perdonare quando si tratta di una pessima esperienza cliente.

Il 73% afferma infatti che probabilmente abbandonerà le aziende dopo una sola esperienza negativa. E molto spesso questo coincide con la difficoltà di comunicare facilmente con il servizio clienti: non è un caso che negli ultimi cinque anni la preferenza dei consumatori per il telefono e la posta elettronica sia diminuita, mentre è aumentata la preferenza per i canali digitali.

“Poiché le aziende investono nella creazione di un’esperienza fluida e integrata su tutti i canali, si prevede che la preferenza dei consumatori e l’utilizzo dei canali digitali aumenterà in considerazione dell’impatto di COVID-19 – ha affermato Bryan Gillis, responsabile del gruppo Northridge – La velocità e l’accessibilità della chat online, ad esempio, offre la possibilità di spostare più richieste transazionali su canali che forniscono alle aziende una maggiore produttività e un costo di servizio inferiore”.

Intervista a Roberto Fumarola su eCommerce 2021

Abbiamo parlato di ecommerce, di riorganizzazioni aziendali e soprattutto di customer experience con un grande amico della nostra piattaforma Chorally, Roberto Fumarola, Ceo e Co-founder di Qaplà.

Qaplà si occupa di integrazione di sistemi dei corrieri con quelli eCommerce, per intercettare in tempo reale gli stati di avanzamento delle spedizioni. Un servizio che permette di creare mail di tracciamento e pagine personalizzate che, a differenza di quelle statiche dei corrieri, comunicano qualcosa in più sull’azienda e, ad esempio, sugli articoli in promozione, diventando così ottimi veicoli per ottenere dei nuovi ordini. 

Continua a leggere o vedi la nostra intervista a Roberto Fumarola.

eCommerce 2021: cosa succederà?

In base al tuo osservatorio privilegiato, che può affacciarsi su una platea di grandi e piccoli eCommerce, puoi dirci in questo anno cos’è cambiato e quali sono stati i volumi?

Già nei primi giorni di marzo, quando sono scattate le restrizioni dovute all’emergenza Covid, abbiamo notato uno tsunami per quel che riguarda l’ecommerce. Le gente che non poteva più fare compere nei negozi si è rivolta all’online. C’è stato un vero e proprio balzo in avanti, che è stato quantificato, nel ritorno dei tre anni come balzo temporale in avanti. Consideriamo che le previsione di crescita in Italia davano al 12 al 15%, adesso siamo intorno al 20-25% come crescita media, naturalmente per esserne certi dobbiamo aspettare i dati del consolidato. A marzo abbiamo visto picchi inimmaginabili, produttori di vino che sono passati dalle loro spedizioni abituali al 300% dei volumi d’ordine, da una settimana all’altra. 

È stata una grande sfida anche per le aziende, perché maggiori ordini significa anche una nuova riorganizzazione e una nuova gestione della logistica. Pensi che le aziende fossero pronte per tutto questo?

Naturalmente nessuno era preparato a uno scenario del genere, ad ogni modo ci sono stati alcuni che hanno reagito bene, altri che invece sono collassati. Un problema molto sentito sono state le reti consegna: sebbene i corrieri abbiano fatto uno sforzo allucinante per portare tutte le consegne, affrontando i problemi legati all’emergenza e quelli sindacali per le condizioni di lavoro, però ci sono stati ecommerce che hanno subito davvero tanto questo flusso di ordini, in particolare le farmacie (di cui abbiamo visto volumi importanti) che si sono trovate da un giorno all’altro a gestire il triplo degli ordini normali, con problemi di riassortimento delle scorte – cosa non banale in un momento in cui i trasferimenti erano rallentati –  il personale contingentato, che per rispettare le misure sanitarie è stato splittato con tre turni di lavoro (quasi a ciclo continuo).

In generale, questa riorganizzazione delle piccole, medie e grandi imprese poteva essere raggiunta molto prima, e non solo perché spinti da un’emergenza. Ciò che è meno scontato è se le azienda riusciranno ad andare avanti in questo processo o ritorneranno indietro, perché pensare di continuare a lavorare in stato di “emergenza” è irrealistico.

Ci sono delle considerazioni da fare. In primo luogo la piccola e media impresa ha una capacità di flessibilità e di gestione dell’emergenza superiore rispetto ai big. In questi mesi, infatti, abbiamo notato che le aziende più grandi facevano molta più fatica; alcuni addirittura hanno dovuto chiudere le logistiche all’aumentare degli ordini e alle nuove condizioni di lavoro, e per far ripartire tutta la macchina organizzativa hanno impiegato 15 o 20 giorni. In tutto questo ho visto nascere anche degli eCommerce insospettabili di macellerie, di ortolani, di produttori agricoli che si sono appoggiati a piattaforme come Shopify, che sono abilitatori tecnologici a tutti gli effetti, e facevano centinaia di ordini alla settimana.

Il segreto dell’eCommerce sta nell’importanza di intercettare un bisogno.

In sintesi, è un problema (tutto italiano) di digitalizzazione. Eppure esporsi digitalmente e parallelamente al canale fisico oggi è un rischio nullo e non servono nemmeno investimenti consistenti.

Il problema, secondo me, non era tanto nell’investimento iniziale quanto nella difficoltà di cogliere qual è il ritorno economico. Fino all’inizio del 2020 c’era meno consapevolezza da parte dei clienti sugli acquisti online. Mentre uno degli effetti che ha avuto il lockdown è stato proprio quello di aver abbassato il “livello di guardia”: molte persone hanno cominciato a comprare online regolarmente e hanno notato che, in effetti, funziona. I prodotti a casa arrivano. E questo è un processo irreversibile.

A livello strategico, cosa pensi che succederà nel ecommerce 2021 e che tipo di evoluzione prevedi?

Quello che cambierà, e sta già cambiando, è la propensione all’acquisto. Aumenteranno le persone che fanno almeno un acquisto nell’arco di un trimestre o di un semestre, e ovviamente, in assoluto, i numeri dell’eCommerce. Più in particolare sta cambiando anche l’attenzione al servizio. Molti utenti sono abituati ad Amazon, al livello di Amazon, e anche solo avere qualcosa in meno è un dramma. Quindi gli eCommerce dovranno lavorare molto sulla qualità del servizio percepito del cliente. Infine, c’è e ci sarà sempre più concorrenza, anche se i margini di penetrazione sono ancora amplissimi. Il mercato non è saturo e dunque c’è una concorrenza positiva, che spinge le aziende ad innovare, a trovare soluzioni migliori. Amazon è un mass-market, che ha un catalogo molto grande ma non specifico. Per questo ci saranno delle nicchie (nicchie di milioni di persone) capaci di muovere volumi importanti e che non si rivolgeranno ad Amazon.

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