telemedicina

“Definiamo innovazioni sociali le nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che soddisfano dei bisogni sociali (in modo più efficace delle alternative esistenti) e che allo stesso tempo creano nuove relazioni e nuove collaborazioni. In altre parole, innovazioni che sono buone per la società e che accrescono le possibilità di azione per la società stessa.”

Robin Murray

È di pochi giorni fa la notizia che la “Commissione Salute” della Conferenza delle Regioni e delle Province ha approvato il documento Erogazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale a distanza. Un passo fondamentale per il nostro paese, che ha come obiettivo quello di far entrare la telemedicina a pieno titolo nei livelli essenziali di assistenza. 

Nell’ultima puntata di Digital Jam abbiamo parlato con Gianfranco Poledda, Regional Business Manager del Centro Medico Santagostino. Ascolta il podcast!

Telemedicina: dagli anni Cinquanta a oggi

La storia della telemedicina inizia alla fine degli anni ’50, negli Stati Uniti, con i primi esperimenti tesi a monitorare il sistema cardiocircolatorio degli astronauti nello spazio. In Italia, bisognerà aspettare il 1976 per assistere alla prima trasmissione sperimentale di elettrocardiogrammi a distanza, ovvero la forma primordiale di quello che diventerà il famoso cardiotelefono della SIP.

A quasi 30 anni da quei primi test, e grazie agli sviluppi tecnologici e in particolare alle innovazioni nelle tecnologie ICT, la telemedicina offre oggi un’assistenza specialistica sanitaria in molti ambiti – dalle patologie cardiovascolari alle malattie respiratorie, dal diabete alla patologia psichiatrica, perfino in pediatria – che, tramite il monitoraggio costante, punta a ridurre il tasso di aggravamento della malattia e di mortalità, il numero di giorni di degenza ospedaliera; il costo della cura del paziente e a razionalizzare le decisioni attraverso la consultazione a distanza con gli specialisti.

Molti studi hanno dimostrato i benefici derivanti dall’attivazione di questo percorso di cura, mostrando come i pazienti maggiormente attivi sono più predisposti a seguire i regimi di trattamento, attivare cure preventive ed a partecipare maggiormente alle decisioni riguardo le proprie cure. 

Intervista a Gianfranco Poledda

“Credo nel talento, nel coraggio, nell’innovazione e nella tecnologia per migliorare la vita delle persone nei luoghi di lavoro e liberare il loro potenziale.”

Gianfranco Poledda, nato in Sardegna e milanese d’adozione dal 2001, inizia il suo percorso professionale come specialista delle risorse umane con responsabilità sempre crescenti in multinazionali americane – Accenture, Autodesk, Vodafone e Coca-Cola – dove apprende le migliori pratiche per la gestione di chi fa la differenza in azienda: le persone. 

Da febbraio 2020 è Regional Business Manager del Centro Medico Santagostino.

digital jam

A febbraio hai iniziato la tua nuova esperienza lavorativa presso il Centro Medico Santagostino, un mese dopo eravamo in piena emergenza covid-19. L’azienda era già orientata verso percorsi di telemedicina o la crisi ha accelerato il progetto?

Per tanto tempo ha lavorato in uno dei gruppi sanitari più importante in Italia, e inizialmente non è stato semplice passare da una realtà così grande, con quasi 7mila dipendenti, a una – che possiamo definire – “startup” della sanità; ma vedevo nel Centro Medico Santagostino quella tensione all’innovazione, al progresso, che la portano a essere 10 anni avanti rispetto agli altri: ed essere 10 anni avanti nella sanità fa davvero la differenza. L’amministratore delegato del Centro, Luca Foresti, una laurea in fisica e master in matematica finanziaria, ha impiegato le tecnologie abbinandola alla sanità, facendo essenzialmente una cosa molto semplice, “alleggerire” il carico dei medici ridando loro tempo, risorse e concentrazione.

La telemedicina, in questo senso, funziona molto bene, già da anni è in uso in molti paesi, ed è impiegata laddove c’è la necessità di una continuità di cura; purtroppo, però, spesso il vero problema è che alcuni pazienti sentono la necessità di interagire e vedere il proprio medico. Eppure posso assicurare che la visita a distanza è una visita a tutti gli effetti, con diagnosi e prescrizione dei farmaci. Inoltre, cosa fondamentale, quei dati andranno a creare lo storico del paziente e potranno essere analizzati per comprendere le fasi del trattamento.

Ci sono due aspetti molti interessanti che stanno emergendo: la storicizzazione del dato, che pone dei problemi in termini di privacy, e il fatto oggettivo che la popolazione italiana è anziana e forse un po’ titubante a usare questi strumenti. 

La sicurezza è certamente un tema fondamentale per noi, motivo per cui al Sant’Agostino abbiamo investito tantissimo in strumentazioni e, anche e soprattutto, in “qualità” dei nostri partner. Lavoriamo, infatti, e abbiamo lavorato sempre con grandi aziende come Google, Amazon…(solo per fare i nomi più importanti) per garantire la sicurezza dei dati di tutti i nostri pazienti. Sappiamo infatti che il settore della sanità è quello più attaccato dagli hacker ed è anche quello che investe di più dal punto di vista tecnologico per proteggersi. Per quanto riguarda, invece, il tema della resistenza alla tecnologia da parte delle fasce più anziane, posso dire che le cose stanno leggermente cambiando. Ci sono molte più persone abituate ad usare le app sugli smartphone, come WhatsApp, e che più facilmente fanno videochiamate, ad esempio, per parlare con i nipoti. 

E i professionisti del settore sono a loro volta pronti a usare questi strumenti? E anche dal punto di vista della formazione, è una comunità che si sta preparando a queste innovazioni?

Una premessa generale sui medici: non smettono mai di studiare, e durante la loro carriera devono aggiornarsi continuamente. Sono scienziati, ma stando a contatto con i pazienti hanno una visuale molto più ampia; quindi possiamo, in un certo senso, definirli anche filosofi, perché spesso si trovano davanti ai temi etici. Quindi chi meglio di un medico è in grado di capire il tipo di beneficio che la tecnologia può portare? Le medicine stesse non sono altro che strumenti tecnologici avanzatissimi.

E le chat possono davvero rappresentare il futuro?

Vi propongo un esempio. La finlandia è un territorio molto grande con una popolazione di 9 milioni: in questi anni, i finlandesi hanno sviluppato una tecnologia via chat, istituzionalizzata; cioè è esattamente come una visita visita o telefonica o via web tramite video, ma avviene tramite chat. Quindi il paziente con il suo pc o smartphone chatta con il medico al costo di 9 euro e la visita si conclude sempre (80%) con una diagnosi e la refertazione dell’incontro. Immaginatevi ora il vantaggio per qualsiasi cittadino italiano di poter effettuare una visita medica via chat. Eccezionale sia in termini di costi che in termini di efficacia. 

Ascolta tutta l’intervista sul nostro podcast!

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